Capita di sbagliare, ma è molto più grave non riconoscere il proprio errore e non lasciarsi purificare, maturare da esso.
Occorre dunque avere il coraggio di guardarsi, di porsi di fronte a se stessi. Accettare le proprie ombre, i propri lati deboli, negativi.
Ma questo processo di smascheramento non è possibile solo con la forza del proprio io. Occorre l’aiuto di un altro, di un “tu” che interpella.
Il riconoscere di aver sbagliato deve aiutare a far morire la falsa coscienza di sè, perchè si possa nascere a nuova vita.
3 commenti
In una coppia, il “tu” che interpella … : santa Rita, in altri tempi (moglie devota, orante, paziente… = il TU che intercede, la GRAZIA che opera…)
Oggi? … come “enfanter” il proprio compagno?
Lo so, richiedo “una parola”, come ad uno staret!, senza siano noti particolari e specifico …
Un caro saluto, Valerio. Blessings
beh essere uno staret non mi dispiacerebbe…infatti non conosco tua situazione, ma i maschi, a differenza, delle donne fanno più fatica a riconoscere i propri errori…forse perchè hanno corpi chiusi…solo un evento grave e doloroso li può svegliare…
So true. Honesty and everything roecginezd.