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5 commenti
Caro dottore, va bene pensare alla morte, ma perchè così spesso, come Lei sta facendo da un pò di tempo a questa parte? io, al contrario, mi sento molto legata alla vita, e cerco di allontanare il pensiero della morte, che verrà, certo, ma della quale io non potrò decidere nulla. Della vita, invece, posso essere io l’artefice, la vita con le sue scelte dipende da me, la morte, no. se mi risponde, mi farà piacere, buona estate, Maria Speranza Perna
Tenere ben presente la propria morte dà il senso completo alla propria vita, la arricchisce di forza e di capacità di vere scelte: non è affatto fascino del morboso o un pensiero depressivo – tutt’altro. E’ tenere ben presente il valore prezioso del tempo assegnatoci (meglio ancora non sapere quanto…), è tenere ben presente che abbiamo “questa” opportunità – e non un’altra – di fare del bene, di scegliere di fare del bene; che abbiamo “questa” opportunità di condividere quello che abbiamo, che sappiamo, che abbiamo compreso, senza rimandare mai; che abbiamo “questa” piccola vita – e non altro- da essere vissuta… e le nostre giornate si fanno forti e ricche di arcobaleno e di gioia, di riconoscenza e di gratuità….
Ognuno fa le sue scelte…
“Quando il padrone di casa si alzerà e chiuderà la porta, voi, rimasti fuori, comincerete a bussare alla porta, dicendo : “Signore, aprici!”.
Ma egli vi risponderà”Non so di dove siete”" (Lc 13,25).
Per me tenere presente la nostra morte è diventare veramente consapevoli dell’impermanenza della vita. Tutto cambia, si trasforma muore e risorge. L’impermanenza tanta cara ai Buddhisti ci indica l’unica opportunità che ci è data, la vita presente, che trascorre comunque qualsiasi cosa noi siamo e facciamo. Come tu affermi nei tuoi scritti dare senso al nostro esistere non renderà vana la nostra vita. Grazie Valerio.